Giuseppe Rossi
Giuseppe Rossi nasce a Roma nel ’58, vive a Manziana dove fin dai 16 anni si affaccia alla pittura, iniziano le prime esperienze in collettive ed estemporanee.
A vent'anni nel ’78 fa la sua prima personale a Soriano nel Cimino VT, frequenta l’accademia di belle Arti di Viterbo per due anni, si affaccia nei studi di artisti importanti uno su tutti Pedro Cano.
Si trasferisce a Soriano nel Cimino dove vive e lavora. Dopo anni di lavoro nell’arte prende una pausa per fare il restauratore di ceramiche, quadri e mobili.
Negli anni 2000 prepotentemente la passione per i colori e le tele riprende vigore e in modo maturo affronta temi a lui cari come gli alberi, ma in una forma nuova, non più realistica, ma una visione quasi informale, visionaria.
Fonda il “Dendronaturalismo” nei suo quadri ci sono i tronchi centenari, millenari, dei castagni e olivi, ma a volte escono fuori delle forme che sono tanto altro, l’immaginazione vola tra quei buchi neri e nei meandri di linee che si rincorrono.
I colori freddi e caldi regalano impressioni contrastanti è lo Yin e Yang.
Espone in molte città d’Italia, a Roma, Torino, Forlì, Firenze, Arezzo, Spoleto, Carrara, Viterbo, Porto Cervo, Arco di Trento, Marina di Pietrasanta,Soriano nel C., Amelia, Bomarzo, ecc. .
Partecipa alla biennale di Firenze dove arriva un importante riconoscimento da parte della giuria internazionale con un premio speciale nel 2011, viene premiato al Festival di Spoleto, al Premio Centro di Soriano, partecipa alla biennale di Durazzo in Albania, partecipa a collettive importanti a Spoleto insieme al critico Giammarco Puntelli , alla Triennale di Roma con Achillle Bonitoliva, all’ Affordable Art Faire al Macro di Roma, è presente nei cataloghi Mondadori, dal 2010 entra a far parte della Galleria Astrolabio di Roma, da maggio 2014 collabora con la galleria Orler di Venezia progetto Lab, a dicembre sarà presente sul 50° C.A.M. ( catalogo dell’arte moderna Mondadori ) e sarà in mostra all’ Art Basel di Miami USA.
A vent'anni nel ’78 fa la sua prima personale a Soriano nel Cimino VT, frequenta l’accademia di belle Arti di Viterbo per due anni, si affaccia nei studi di artisti importanti uno su tutti Pedro Cano.
Si trasferisce a Soriano nel Cimino dove vive e lavora. Dopo anni di lavoro nell’arte prende una pausa per fare il restauratore di ceramiche, quadri e mobili.
Negli anni 2000 prepotentemente la passione per i colori e le tele riprende vigore e in modo maturo affronta temi a lui cari come gli alberi, ma in una forma nuova, non più realistica, ma una visione quasi informale, visionaria.
Fonda il “Dendronaturalismo” nei suo quadri ci sono i tronchi centenari, millenari, dei castagni e olivi, ma a volte escono fuori delle forme che sono tanto altro, l’immaginazione vola tra quei buchi neri e nei meandri di linee che si rincorrono.
I colori freddi e caldi regalano impressioni contrastanti è lo Yin e Yang.
Espone in molte città d’Italia, a Roma, Torino, Forlì, Firenze, Arezzo, Spoleto, Carrara, Viterbo, Porto Cervo, Arco di Trento, Marina di Pietrasanta,Soriano nel C., Amelia, Bomarzo, ecc. .
Partecipa alla biennale di Firenze dove arriva un importante riconoscimento da parte della giuria internazionale con un premio speciale nel 2011, viene premiato al Festival di Spoleto, al Premio Centro di Soriano, partecipa alla biennale di Durazzo in Albania, partecipa a collettive importanti a Spoleto insieme al critico Giammarco Puntelli , alla Triennale di Roma con Achillle Bonitoliva, all’ Affordable Art Faire al Macro di Roma, è presente nei cataloghi Mondadori, dal 2010 entra a far parte della Galleria Astrolabio di Roma, da maggio 2014 collabora con la galleria Orler di Venezia progetto Lab, a dicembre sarà presente sul 50° C.A.M. ( catalogo dell’arte moderna Mondadori ) e sarà in mostra all’ Art Basel di Miami USA.
Critica di
Gilberto Madioni |
Giuseppe Rossi: percorsi di vita.
Mi sono trovato più volte a riflettere sui secoli di vita degli olivi che spuntano contorti come scheletri umani e maestosi nello stesso tempo come cattedrali, negli spazi dove sorgeva “Cosa”, città etrusca nei pressi della celebre Tagliata che si immette come un affluente, ancora vivo, nelle acque di Ansedonia. E’ chiaro quanto affermano gli storici, che qui in questo spazio del mar mediterraneo gli etruschi avevano una loro colonia ed un loro porto un po’come a Populonia città e porto etrusco nei pressi di Piombino, dove gli abitanti, ricevevano dalle miniere dell’Elba il materiale che veniva estratto e poi lavorato e trasformato in armi, statue, ed altre suppellettili, nei forni “primitivi” nei quali veniva trattata la fusione della pirite. Gli olivi di Cosa mi riportano alla memoria le ricerche in arte del pittore sorianese Giuseppe Rossi. Olivi che rappresentano, nel loro contorcesi, con il passar degli anni, la vita di quel popolo, che si muoveva loro attorno, mettendo dimora in noti siti della nostra Toscana e non solo, spingendosi dalle colline interne verso il mare. Popolo che affrontando la vita quotidiana, sopportava gioie e dolori.. E’ l’iter umano a qualsiasi era appartenga . Ebbene gli olivi di Rossi ed anche i tronchi di castagni centenari rappresentano tutto questo ed è strano che l’artista ricerchi in quel suo mondo cosi bello ed originale la vita e la storia dei popoli, leggendo o interpretando come un oracolo vivente, ciò che potrebbero narrare come tante incisioni magnetiche tutto ciò che scorre attorno ad essi: la vita e la storia di quei popoli che dall’olivo e dai castagni traevano linfa vitale. Rossi usa la pittura e con essa vuole rappresentare la storia e la bellezza della natura nella quale si immerge totalmente cercando di interpretare ciò che vede e sente. I suoi dipinti eseguiti attraverso pennellate essenziali e morbide riescono a darci della rappresentazione una visione reale ma pure astratta, attraverso colori tonali che indicano il cambiamento di luci ed ombre. Come abbiamo detto sopra, il pittore di Soriano si immerge in quella natura che ama profondamente, ed attraverso essa cerca di rappresentare la storia di questa natura immacolata, con una tecnica personale, attraverso la quale riesce a far riflettere il fruitore o il semplice spettatore. Rossi ci pone davanti ad un rebus dove ognuno può trarre conclusioni o impressioni personali, rispecchiando sul soggetto il proprio io inconscio. Una cosa è chiara e questa viene a vantaggio del maestro, che è un uomo che ama vivere accanto alla natura chiedendosi cosa ci possa essere al mondo di più bello e genuino e quanta bellezza possa offrire il creato alla monade umana. E’ una specie di filosofia la sua dal contenuto religioso, una specie di San Francesco immerso nel cantico delle creature. Eppure la sua pittura nella completa assimilazione dal vero riesce anche ad intimorire molti fruitori. E’difficile entrare nei grovigli del legno ed immergersi in quei “buchi neri” delle antiche cortecce, occhi puntati delle sue creature che sembrano guardarti a fondo, come scrutatori dei tuoi pensieri che possono variare nel bene e nel male a seconda dell’impressione che essi provocano di chi li osserva attentamente. Una specie di filo psicologico della vita gli stati d’animo che provengono dall’io interiore rosso o nero che sia, riportato a livelli di razionalità. Così pure coloro che si avvicineranno ai suoi dipinti che nell’insieme possono rappresentare una pittura astratta anche se minuziosa nella ricerca del vero. Comunque ognuno può ricevere impressioni personali e trovare cosi una risposta come in una soluzione di un rebus. I nostri occhi riescono ad entrare in contatto con essi come di fronte ad una qualsiasi pittura astratta, andando alla ricerca di riflessioni personali, di stati d’animo, a volte non troppo sereni. Non è facile per noi parlare della pittura di Rossi, cosi originale e personale una ricerca la sua, trasformata in filosofia di vita. Il mistero dei tronchi del pittore viterbese ci porta a riflettere sul mistero della natura e della vita stessa. Gilberto Madioni Critico d’Arte in Siena |
Critica di Alessandra Corsi
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Giuseppe Rossi, l'aedo del dendronaturalismo
Se vi capita di discorrere in privato con Giuseppe Rossi, artista cinquantenne originario della provincia di Roma, ma naturalizzato viterbese, vi dirà che il suo elemento primo, quello che rigenera le sue energie e gli permette di continuare ad apprezzare il mondo e gli uomini è l'acqua. Quando sente forte il bisogno di evadere per ricaricare le sue “batterie umane e lavorative” si tuffa in mare e si immerge lontano da tutti. Visitando invece una sua mostra o scorrendo il suo catalogo vi renderete conto che nulla di tutto questo emerge dalle sue tele, anzi. Giuseppe Rossi è il cantore del dendronaturalismo, cioè della forza e della vitalità degli alberi; con le sue tele di piccole e grandi dimensioni è lì a ricordarci che la natura che ci circonda può e deve essere ammirata, studiata, compresa, vissuta, assorbita. La sua non è un'arte di denuncia della periferia cittadina degradata, della disumanità della società incivile, di rassegnazione alla violenza umana, ma è un inno al ritorno alle origini ancestrali, alle radici ataviche della propria terra. È una pittura di intima ricerca, di personale attenzione agli alberi secolari, muti testimoni di tante imprese umane, eroiche ma non solo, che si sono susseguite nel corso dei decenni. I suoi quadri presentano pastose pennellate di colore, che abbracciano un ampio spettro del visibile, dai toni bruni e caldi fino al bianco glaciale, terreo, pallido. È una sintesi cromatica di forme morbide e fluide, linee curve, annodate, avviluppate, aggrovigliate su se stesse. Non sono preponderanti i chiaroscuri, ma forti contrasti su primi piani, in un continuo lavorio su albero, tronco, corteccia. Ecco allora, bisogna fermarsi a considerare quale insegnamento possono offrirci Il Patriarca, L'olivo di Cosa e tanti altri, quale lezione possiamo noi trarre da alberi di castagni e ulivi che, accada quel che accada, rimangono ben saldi piantati nel loro terreno. Alessandra Corsi storica e critica dell'arte |
2016 - Giuseppe Rossi sbarca a Berlino |
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